La parola autismo, derivata dal greco autòs, che significa se stesso, venne impiegata per la prima volta in psichiatria da Eugen Bleuler per descrivere un dei sintomi della schizofrenia, consistente nel ripiegamento su se stessi caratteristico da alcune fasi della condizione.
La prima descrizione di Kanner
Nel 1943 Leo Kanner, pediatra tedesco emigrato in America, utilizzò il termine “autismo infantile precoce” per descrivere un complesso di sintomi (una sindrome) presenti in un gruppo di 11 bambini.
bambini colpiti da una incapacità di reagire con gli altri in un mondo normale … un isolamento autistico che sembra tagliarli fuori da tutto quello che succede attorno.
Nel suo articolo Kanner descrisse undici bambini, di età tra i due e i dieci anni, il cui comportamento era del tutto peculiare e molto lontano dalla normalità, ma con caratteristiche che si ripetevano all’interno del gruppo. Questi tratti consistevano in una
incapacità, presente sin dall’inizio della loro vita, di mettersi in contatto con gli altri e con le situazioni secondo il modo consueto, e in un desiderio ansioso e ossessivo di mantenere inalterato il proprio ambiente e le proprie abitudini di vita.
Nell’ambito di una generalizzata incapacità di comunicare erano presenti turbe gravi e del tutto peculiari del linguaggio. Tre bambini erano muti e nei rimanenti le tappe dello sviluppo del linguaggio erano anomale. Le prime parole pronunciate consistevano, in alcuni casi, nella ripetizione meccanica, senza comprensione, di filastrocche, versetti biblici, liste di animali e cosi via. Era spesso presente ecolalia immediata o ritardata, cioè ripetizione, diretta o a distanza di tempo, di frasi udite da altri, pronunciate ai di fuori di un contesto che desse loro significato e senza intento comunicativo.
Presentavano inversione pronominale: “tu” ai posto di “io” e viceversa; difficoltà ad acquisire il concetto delle parole “si” e “no”. Se e quando il bambino acquisiva la capacita di parlare, tendeva a non usarla in modo comunicativo, a non rispondere alle domande, a non porne agli altri e a non raccontare cose a lui accadute. Alcuni presentavano inoltre paure ingiustificate di oggetti mobili o di rumori meccanici e stranezze nelle preferenze alimentari. L’aspetto fisico era del tutto normale e lo sguardo pareva assorto e dava l’impressione di una regolare intelligenza.
L’approccio all’autismo nel tempo
1943
Il pediatra tedesco americano Leo Kanner scrive l’articolo “Autistic disturbances of affective contact” (Nerv. Child 2:217-50, 1943). Per la prima volta vengono descritte le caratteristiche peculiari dei soggetti affetti da autismo. Kanner denomina tale condizione autismo infantile precoce. Ipotizza alla base del disturbo una innata incapacità a comunicare.
1944
Il pediatra austriaco Hans Asperger scrive l’articolo “Die autistichen Psychopaten im Kindesalter” Archiv fur Psichiatrie und Nervenkrankheiten, 117, 76-136. Egli, senza conoscere l’articolo di Kanner, descrive dei casi simili e usa lo stesso termine: “autistici”. Tra i bambini descritti da Asperger alcuni hanno una compromissione cognitiva minore o assente, per cui col termine “sindrome di Asperger” si intende ora una condizione di autismo non associato a ritardo mentale. Egli nota l’estrema precocità della sindrome e la presenza, nel gentilizio, di persone che presentano vari gradi di stravaganza sociale. Ipotizzata una base genetica.
1950
Erickson M. nel volume “Childhood and Society” curato da W.N. Norton, (traduzione italiana “Infanzia e società “, Armando 1970) afferma che “una storia di estraniamento materno può trovarsi in ogni caso di autismo”
1951
Il medico francese Gilbert Lelord inizia a studiare, a Parigi, la neurofisiologia dell’autismo, in collaborazione con gli allievi di Pavlov. Con tecniche elettroencefalografiche sempre più raffinate mette in evidenza alterazioni importanti delle funzioni mentali elementari, quelle stesse che Pavlov aveva studiato nel suo laboratorio: percezione, associazione e formazione di riflessi condizionati quali basi dello sviluppo mentale e comportamentale.
1951
Anne Freud e S. Dann (Freud A., Dann S., “An experiment in group upbringing”, The psycoanalytic study of the child, .6, 1951, pp.127-168), con una indagine sui bambini usciti vivi dai campi di concentramento nazisti alla fine della guerra, dimostrano che quelle condizioni estreme non inducono la patologia autistica.
1955
Beata Rank, psicanalista amica di Anna Freud, nel volume “Emotional problems of early childhood”, a cura di Gerald Caplan, Basic Books, 1955, afferma che “il bambino atipico ha sofferto di una forte privazione emotiva” e “più il bambino è piccolo, più è necessario modificare la personalità della madre” .
Influenzato dalle teorie in voga, Kanner conia il termine di “genitori frigorifero” nell’articolo: Kanner L. et al., “Notes on the Follow-up study of autistic children, in “Psychopathology of Childhood” a cura di P.H.Hoche et al., Grune e Stratton, New York
1959
Lo psicologo tedesco americano B. Bettelheim in una lettera a Scientific American del maggio 1959, afferma che “il rifiuto da parte dei genitori è¨ un elemento nella genesi di ogni caso da lui osservato di autismo”.
1966
Lo psicologo americano Eric Schopler fonda la Division TEACCH (Teaching and Education of Autistic and Related Communication Handicapped Children) a Chapell Hill nella Carolina del Nord. Il metodo TEACCH si può definire un programma di Stato che fornisce valutazioni e programmi educativi personalizzati a tutti i soggetti autistici della Carolina del Nord, con una circolarità continua tra assistenza, ricerca, formazione dei professionisti e dei genitori, ai quali viene attribuito il ruolo di migliori conoscitori dei propri figli.
Il termine usato da Schopler nei confronti dei genitori è quello di coterapeuti, in netta antitesi con le teorie, di moda negli anni 60 (e non ancora totalmente scomparse negli anni 2000) che vedevano i genitori come “autismogeni” .
1967
Bruno Bettelheim pubblica “The empty fortress” tradotta in italiano nel 1976 col titolo “La fortezza vuota”, Garzanti editore. La mamma viene presentata come totalmente responsabile della catastrofe del figlio. La terapia proposta è la parentectomia (allontanamento dei figli dai genitori).
Come dice più volte Rimland nella rivista da lui diretta, Autism Research Review International, Bettelheim ha riempito un vuoto di conoscenza con delle fantasie, purtroppo credute da molti. A causa delle idee di Bettelheim per molti bambini si è aggiunto al danno della natura quello della istituzionalizzazione e del distacco dalla famiglia.
1969
Durante un’assemblea della National Society for Autistic Children (oggi Autism Society of America) Leo Kanner assolve pubblicamente i genitori dall’essere causa dello sviluppo della sindrome autistica nei loro figli; torna dunque alla sua prima ipotesi che definiva l’autismo come un disturbo innato dello sviluppo.
1972
Lelord lavora come medico nel reparto psichiatrico infantile di Tours, mentre all’Università insegna neurofisiologia alla Facoltà di Scienze. I medici francesi ignorano il suo lavoro, molto apprezzato viceversa negli Stati Uniti, soprattutto da grandi studiosi dell’autismo come E. Ornitz ed E. Callaway.
1982
Viene pubblicato in Italia il libro L’assedio di Clara Claiborne Park (editore Astrolabio). L’autrice è una mamma che racconta la sua storia con sincerità, lucidità e fine senso dell’umorismo. Le teorie psicanalitiche da lei riportate si commentano da sole per chi legge questa testimonianza in cui è evidente l’amore di cui è circondata da tutta la numerosa famiglia Elly, la figlia autistica.
1985
Ad un Convegno del maggio 1985 Lelord viene vivamente contestato dai neuropsichiatri francesi, seguaci delle teorie psicodinamiche, quelle che negano la base organica dell’autismo e ritengono che la grave disabilità sia provocata dalla inadeguatezza della figura materna.
1986
Per la prima volta si parla di autismo da cause organiche e vi è uno scontro fra esperti ad indirizzo psicanalitico e ad indirizzo contrario.
Anni 90
Un numero sempre maggiore di neuropsichiatri abbandona le teorie colpevolizzanti la madre, per riconoscere la totale organicità della disturbo dello spettro autistico. A questo riconoscimento segue come naturale conseguenza il fatto che, in mancanza di conoscenza delle cause, l’unica terapia possibile è quella psicoeducativa, termine sinonimo di quello usato da Asperger nel lontano 1944: “pedagogia curativa”.
1995
Pubblicazione dell’articolo di Bailey A. et al.: “Autism as a strongly genetic disorder: evidence from a British twin study” (Psychological Medicine 25: 63-77). Il confronto tra la concordanza di autismo nei gemelli monozigoti e in quelli dizigoti dimostra il contributo della componente genetica nella quasi totalità dei casi.
1997
Viene pubblicato in America il manuale “Handbook of autism and pervasive developmental disorders” a cura di D. J. Cohen e F. R. Volkmar, John Wiley and Sons, Inc, che diventa il testo di riferimento per tutte le Università americane. Solo nel 2004 la casa editrice Vannini lo traduce in italiano ( Autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo) con la presentazione di Paolo Moderato, ordinario di psicologia generale all’Università di Parma, che così introduce il libro: “Ormai “rottamate “ le teorie psicodinamiche sull’eziopatogenesi dell’autismo, spazzate via dalle inequivocabili evidenze provenienti dalla ricerca genetica, anche gli interventi assumono un altro valore. “Di autismo non si guarisce, ma un intervento efficace è fondamentale per migliorare la vita della persona con autismo e della sua famiglia”
1998
Viene pubblicato il libro di G. Lelord, L’exploration de l’autisme (Grasset), in cui il medico francese riassume i risultati delle sue lunghe ricerche.
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